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One Direction, l’ ascesa della boyband e la tragica fine di Liam Payne

E’ notte, sei nel letto e ti stai preparando per andare a dormire dopo una giornata devastante tra lavoro, traffico romano, stanchezza generale. Tutto sembra andare come sempre, ma scrollando sui social ti accorgi di avere un messaggio da un’amica: “E’ morto Liam Payne”.

Cade il gelo, tutto si ferma e non riesci davvero a comprendere se sia vero. Apri tutti i social, alla ricerca di una smentita, ma è tutto vero e trovi solo post di addio, di saluto. Arriva la conferma: Liam Payne non c’è più. Ricordi che si susseguono uno dopo l’altro: la prima volta che hai sentito una loro canzone, quel regalo dal cielo mandato direttamente da quell’angelo che ti guida tra i vortici della vita, quella prima chiacchierata con la persona che – nonostante la distanza – riesce ad esserci da più di 10 anni, quella bambina che cantava davanti alla tv e che si è fatta 700km per un concerto. Quel concerto che hai desiderato ardentemente che oggi – più di ieri – è una benedizione.

Si, sono stata una directioner e probabilmente, tra la mente e il cuore, lo sarò per sempre. Dirlo ad alta voce, oggi, che la musica è diventata in parte il mio lavoro sembra strano. Ragionando, su tutto, il mio effetto farfalla sono proprio loro: gli One Direction. E quindi devo, necessariamente, riavvolgere il nastro e fare una riflessione su quanto questo gruppo abbia effettivamente cambiato le regole del mercato musicale, diventando – in poco tempo – un vero e proprio fenomeno mondiale che ha lasciato voragini in tutti loro.

Il nostro viaggio nel tempo deve, necessariamente, partire da quel 24 luglio 2010 quando ad X Factor UK si sono presentati 5 ragazzi con un sogno: fare musica. Ecco, il gioco del destino parte proprio da lì. 5 sconosciuti, messi insieme sotto l’occhio vigile di Simon Cowell. Anni di successi, concerti in giro per il mondo, miliardi di fan, dischi di platino che continuano ad arrivare anche oggi, 4 anni dopo, la fine del fenomeno. Ma cosa resta davvero?

Riavvolgendo quel nastro potrei banalmente dirvi che restano le emozioni, i ricordi, le canzoni, le amicizie. Ma effettivamente togliendo la parte “romantica” di questo viaggio che ho vissuto indirettamente, quello che rimane sono cinque ragazzi spezzati. Dopotutto il gesto di Liam Payne è solo frutto di quello che è stato prima, l’ultimo – devastante – l’atto di uno spettacolo che abbiamo finto di non vedere.

La loro sofferenza, il loro dolore, era sotto gli occhi di tutti. Bastava guardare i loro occhi, sempre più stanchi. Costretti a tour lunghissimi, toccando tutti i paesi del mondo, senza pause perchè se non suonavano, registravano. Non ci siamo stupiti quando abbiamo sentito Harry cantare con la voce spezzata dal mal di gola, quando Niall zoppicava sul palco perchè le “stampelle” non erano sceniche, quando Louis si ubriacava di nascosto e viveva una doppia vita, quando Zayn dimagriva a vista d’occhio o quando Liam aveva cominciato ad essere violento. L’addio di Zayn era un indizio, quella necessità di parlare al mondo e di raccontare che qualcosa non andava, che avevano bisogno di uno stop, che così qualcuno si sarebbe fatto male.

Ora potrete banalmente dirmi che hanno scelto loro di fare musica, che erano liberi di andare proprio come ha fatto Zayn – da un giorno all’altro – ma la risposta è no. Nessuno di loro era libero di andare via, neanche dopo la fine di quegli anni di fuoco. Assuefatti da quello stile di vita frenetico, all’apice di un successo – arrivato negli anni più complicati della crescita – che gli ha fatto vivere l’eccesso sfrenato dei party a base di cocaina e alcool per poi lasciarli a piedi quando il fenomeno aveva ceduto. Perchè questo è accaduto.

C’è chi riesce a ritrovare se stesso tra le colline italiane come Harry Style, chi nella famiglia come Niall Horan, ma c’è anche chi come Louis Tomlinson è stato ripreso per i capelli dopo alcune giornate particolarmente nere, chi come Zayn Malik ha trovato l’amore e si è lasciato andare a questo, ma soprattutto c’è chi come Liam Payne che – nonostante ci provi – non riesce ad andare avanti in modo sano, ma che anzi vive (e fa vivere) quel male a chiunque. Dispiace, tanto, perchè tutti loro potevano essere effettivamente salvati se solo ci fosse stato più tempo, più crescita, più pazienza e meno fama incessante di soldi.

E quindi ora piangiamo per Liam, ci arrabbiamo per quello che era diventato, corriamo ad ascoltare vecchie canzoni nonostante lui avesse sempre parlato di depressione, di quel mostro che lentamente lo stava logorando e lo stava trasformando. E fa male. Fa male perchè una vita così giovane, così talentuosa, non dovrebbe mai finire tra i colpi di frusta di una società che non si arresta nel dar giudizi e quelle vie di fuga che ti fanno estraniare dal mondo fino ad ucciderti.

Riposa in pace Liam e grazie, per quello che di buono sei stato per una generazione di bambin* che oggi sono sanno cosa significa sognare.

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