canzoni sui diritti umani

More than Lyrics, un percorso tra le canzoni sulla Salute Mentale

Le canzoni sulla Salute Mentale mettono al centro un concetto, la Condivisione. Una parola che ci viene in mente in automatico quando pensiamo alla musica, ai concerti, a quei testi cantati a squarciagola in macchina, o sotto palco dei nostri artisti preferiti mentre abbracciamo i nostri amici e compagni di live. 

Gli artisti ci raccontano storie in musica, ci regalano un pezzetto del loro vissuto o di quello di qualcuno che li ha ispirati. A volte ci sembra che quei testi siano scritti per noi e quelle canzoni diventino la nostra voce, specialmente quando il mondo sembra non volerci sentire. 

Condividiamo playlist, stories con i versi di cui abbiamo selezionato il minutaggio perfetto, parti di quelle canzoni che ci aiutano a raccontare quella storia e quelle emozioni che, altrimenti, rimarrebbero avvolte nel silenzio.

Lo stesso che, innumerevoli volte, in molti sentono dentro, cercando di soffocare demoni che urlano così forte impedendogli di chiedere aiuto.

Oggi, nella Giornata Mondiale della Salute Mentale, dedichiamo questo primo appuntamento della rubrica More Than Lyrics a quelle canzoni sulla salute mentale che si sono rese manifesto di quei silenzi così assordanti.

How Do You Feel?: un invito a guardarci dentro

Iniziamo così il nostro viaggio nelle canzoni sulla salute mentale da una domanda: “Come stai?”.

È il 2017 quando i The Maine, gruppo alternative rock statunitense, rilascia How Do You Feel?, brano dell’album “Lovely, Little, Lonely”.

They ask you what you want, and tell you what you need. Tell you what you’re missing out on or how you can be better. Sell you smiles and sunshine or steal your sadness with a pill. But before you listen to anything else they say, answer me this, how do you feel?” 

[“Ti chiederanno cosa vuoi, e digli di cosa hai bisogno. Ti diranno in cosa sei manchevole o in cosa puoi migliorare. Ti venderanno sorrisi e raggi di sole o ti ruberanno la tristezza con una pasticca. Ma prima di ascoltare qualsiasi cosa ti diranno, rispondimi, come stai?”]

È la premessa che il frontman, John O’ Callaghan, fa per questo brano.

How Do You Feel? è un inno, un invito al concentrarsi su se stessi e sulle proprie emozioni, zittendo chiunque ci dica come dobbiamo sentirci e cosa dobbiamo fare. È una canzone che ci invita a guardarci dentro, a far uscire fuori le nostre emozioni e a non aver paura di viverle a pieno.

I’d like to let you know that boys cry too [mi piacerebbe che sapessi che anche i ragazzi piangono]

Don’t let them tell you how you’re feeling [non permettergli di dirti come ti devi sentire]

I wonder why nobody is asking you [mi chiedo perché nessuno perché te lo chieda]

Perché nessuno chiede mai come stiamo? I The Maine in questi primi versi cercano già di normalizzare questa semplice domanda, partendo da un velato attacco a uno degli stereotipi per eccellenza: gli uomini che non piangono, forti e virili, simbolo di mascolinità tossica.

Give me your voice and I’ll give it a listen [dammi la tua voce e io le darò un ascolto]

Chiedere come stai è apertura, è interessarsi all’altro, è dargli modo di raccontare le sue più profonde paure e alleggerirsi.

Whatever it is [Qualsiasi cosa sia]

Whatever it isn’t [Qualsiasi cosa non sia]

Make sure that it’s real [Assicurati che sia reale]

Oh, now, how do you feel? [Oh, ora, come ti senti?]

Chi soffre, spesso, non riesce a comunicare con gli altri. Si pensa che nessuno ascolti, che nessuno dia importanza a cosa sentiamo realmente. “È solo nella tua testa”, è una frase che in molti si sentono dire, come se ciò che sentissero non fosse abbastanza importante.

Beh, i The Maine non sono proprio d’accordo. Con How Do You Feel? John, Kennedy, Pat, Jared e Garrett ti prendono per mano e ti rassicurano che, qualsiasi emozione tu stia provando, è assolutamente ok e meriti di essere ascoltato.

Somewhere I Belong: il desiderio di aggrapparsi ancora alla vita

Torniamo leggermente indietro negli anni e facciamo un salto al 2003 e a uno degli album che ha segnato generazioni di Millennials e Zillennials: Meteora dei Linkin Park.

È in questo secondo album che troviamo Somewhere I Belong, uno dei brani con le tracce più evidenti del dolore che, per anni, ha segnato l’esistenza del frontman Chester Bennington.

Insieme ai Linkin Park, Chester ci ha regalato brani meravigliosi in grado di farci cantare a squarciagola, pogare e, spesso, anche commuovere. Dopo la sua improvvisa morte nel 2017, i fan hanno passato al setaccio ogni testo alla ricerca del dolore che l’ha condotto alla tragica fine.

In Somewhere I Belong, letteralmente Un luogo a cui appartengo, troviamo un grido d’aiuto, un tentativo di aggrapparsi alla vita.

When this began [quando tutto ciò è iniziato]

I had nothing to say and [non avevo niente da dire e]

I’d gest lost in the nothingness inside of me [mi ero perso nel nulla che c’è in me]

I was confused [Ero confuso]

And I let it all out to find/that I’m not the only person [e ho lasciato perdere per cercare di capire che non sono l’unica persona]

with these things in mind [con queste cose in mente]

Il silenzio che avvolge tutto, la mancanza di parole per spiegare il vuoto che si sente dentro. Qui troviamo un momento di confusione che si accompagna alla consapevolezza di non essere soli, di non essere gli unici a vivere tali emozioni. Tuttavia, questi versi fanno da premessa al più alto picco di negatività della canzone:

Nothing to lose [niente da perdere]

Just stock, hollow and alone [sono bloccato, depresso e solo]

and the fault is my own [e la colpa è solo mia]

Niente da perdere” è il pensiero che accompagna il buio che oscura tutto. Tuttavia, nella canzone troviamo quel barlume di speranza, quella voglia di dare alla vita un’altra possibilità.

I want to heal [voglio guarire]

I want to feel [voglio sentire]

What I thought was never real [quello che pensavo non fosse mai vero]

I want to let go of the pain [voglio lasciare andar via il dolore]

I felt so long [che ho provato per così tanto tempo]

Erase all the pain ‘til it’s gone [cancellare tutto il dolore finché non è andato]

“Guarire” e “sentire” sono verbi che ritroviamo spesso in questa strofa. “Sentire qualcosa di vero”, “guarire dal dolore che sento da tanto”: sono emozioni e sensazioni comuni a chi convive con la depressione, mancanze da colmare per continuare a vivere. È proprio questo desiderio a mantenere accesa quella fiamma e a permettere di aggrapparsi alla vita.

Somewhere I Belong è la traduzione di questi pensieri in musica, il grido d’aiuto di coloro che non riescono a tirar fuori la propria voce.

Dopo queste prime impegnative tappe oltreoceano del nostro viaggio, è tempo di tornare in patria e di fare un passo avanti di ben dieci anni.

En e Xanax: l’incredibile potenza dell’amore sulla Salute Mentale

2013. L’etichetta discografica Fuori Classifica Edizioni Musicali pubblica il brano apripista di Nuvola numero nove, ottavo album di Samuele Bersani: En e Xanax fa così il suo ingresso nel mondo della musica e con lei una storia di ansie e psicofarmaci.

En e Xanax non si conoscevano

prima di un comune attacco di panico e subito

filarono all’unisono

Due ansiolitici che diventano una coppia di giovani amanti la cui ansia diventa un mal comune in grado di avvicinarli.

En e Xanax sono due individui distinti, ma la malattia è il loro punto in comune, l’elemento che crea un indissolubile intreccio e, soprattutto, un forte amore.

Bersani vuole raccontarci esattamente questo: l’amore come mezzo per superare gli ostacoli, la vicinanza per vincere i propri demoni e alleggerire l’altro dai suoi.

Se non ti spaventerai con le mie paure

Un giorno che mi dirai le tue

Troveremo il modo di rimuoverle

In due si può lottare come dei giganti contro ogni dolore

Il ritornello condensa in pochi semplici versi il potere della condivisione con l’altro, la capacità che l’affidarsi e l’aprirsi hanno nel processo di guarigione.

E su di me puoi contare per una rivoluzione

Tu hai l’anima che io vorrei avere

I versi finali, dal tono caldo e romantico, sono l’emblema della forza dell’amore e di un sentimento capace di guarire i cuori malati.

Lividi: il sole che torna

Citando En e Xanax, non possiamo esimerci dal menzionare anche la versione di Comete del 2019, una cover che ha ridato nuova vita a un meraviglioso e toccante brano, pietra miliare della musica italiana.

Ed è proprio con una traccia di Comete, che il nostro viaggio nelle canzoni sulla salute mentale, volge al termine. Uscita ad aprile di quest’anno, Lividi non è solo la title track del nuovo album di Eugenio Campagna, ma anche un brano che racconta com’è tornare a vivere e riappropriarsi del proprio spazio nel mondo.

Mi piacerebbe dirti a cosa penso quando penso troppo

Dopo mi confondo e non ricordo più

Che penso di conoscermi, capire come sono fatto

Poi mi guardo nello specchio e non mi riconosco più

La ricerca della condivisione, dell’altro, di qualcuno con cui condividere quei pensieri intrusivi che ci attanagliano la mente. La confusione, il non capire cosa ci sta succedendo e la perdita di un controllo apparente. In questi primi versi, Eugenio racchiude la sensazione di malessere che si prova quando qualcosa non va e i perché sono tanti ma senza risposta.

Domani però ho messo dieci sveglie

così almeno una la sento

perché dentro il letto oggi non ci resto più

Esiste però un momento in cui tutto cambia. Arriva così prepotente, così totalizzante, quella voglia di riprendere il controllo della nostra esistenza, di respirare di nuovo a pieni polmoni. E allora sì, non basta una sveglia, ne servono dieci per risvegliarsi dal torpore, per ricominciare.

Oggi è stato un giorno senza senso

di pioggia, di rumori e con un nodo nella gola

stretto, stretto, stretto, stretto, stretto

Pensavo di morire poi invece è tornato il sole

Sì, il sole alla fine torna sempre. Con accanto le persone giuste, con qualcuno che ci prende per mano quando il buio ci avvolge aiutandoci a vedere di nuovo la luce.

E quindi forse quello che serve davvero, oltre ad un concreto sostegno psicologico, è avere vicino persone che ti comprendano, che ti supportino nel processo. Un luogo sicuro in cui poterti rifugiare per ritrovare te stesso, un po’ com’è stata per noi e per tutti questi artisti la musica.

Comments

No comments yet. Why don’t you start the discussion?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *