canzoni sui diritti umani

More Than Lyrics, le canzoni sui Diritti Umani che ci ricordano la banalità del male

Sono tempi difficili i nostri. Tempi in cui viviamo questo continuo ritorno a un passato che avremmo voluto dimenticare, ma che continua a presentarsi in forma sempre più cruenta. Un circolo vizioso fatto di supremazia dei più forti sui più deboli, di guerre e discriminazioni di ogni genere. Un loop in cui la banalità del male continua a venire prepotentemente a galla. Oggi 10 dicembre vi portiamo alla scoperta delle canzoni sui Diritti Umani che celebrano l’umanità, condannando chi cerca invece di soffocarla.

#WHERESTHELOVE: artisti uniti contro i mali del mondo

Corre l’anno 2003. Sono passati due anni dagli attentati alle Torri Gemelle, ma nell’aria c’è ancora una forte ansia, la paura di entrare in un edificio e non uscirne più. Quell’11 settembre 2001 le vite di tutti si fermarono per un istante e nel vocabolario di ognuno apparse la parola ‘terrorismo‘. Una parola che fa paura, crea sgomento, che lascia addosso quel brivido di terrore che difficilmente se ne va.

Spesso, essere artisti comprende l’avere una responsabilità verso chi ascolta e ci fu un gruppo che tutto fece, tranne che sottrarsene. I The Black Eyed Peas, gruppo musicale alternative hip pop, si fece portavoce di un’importante causa: la sensibilizzazione di tutto il mondo sui mali che lo affliggono.

Il 12 maggio 2003 viene rilasciato il brano Where Is The Love?, primo estratto dell’album Elephunk e primo con Fergie. Nel 2016, insieme ad una platea di artisti uniti per la pace, arriva il remake in chiave moderna, #WHERESTHELOVE.

People killin’, people dyin’ [gente che uccide, gente che muore]

Children hurtin’, I hear them cryin’ [bambini che soffrono, li sento piangere]

Can you practice what you preachin’? [riesci a mettere in pratica quel che predichi?]

Would you turn the other cheek again? [o preferisci porgere l’altra guancia di nuovo?]

Mama, mama, mama, tell us what the hell is goin’ on? [Madre, madre, madre, dicci cosa diavolo sta succedendo?]

Can we all just get along? [possiamo semplicemente andare d’accordo?]

Father, father, father helps us [padre, padre, padre, aiutaci]

Send some guidance from above [Mandaci un segnale dall’alto che ci serva da guida]

‘Cause people got me, got me questioning [perché le persone mi fanno, mi fanno chiedere]

(Where’s the love) [dov’è l’amore]

Il brano, fin da subito, ci introduce nella più cruda delle verità: la guerra. Omicidi, bambini feriti, tutto in nome di un Dio che, inevitabilmente, ci spinge a porci domande sul vero significato di fede. È questa la sua volontà? È questo ciò che realmente desidera per l’umanità? Perché se è questo, allora diventa legittimo chiedersi cosa significhi «amare il prossimo».

Yo, what’s going on with the world, momma? [cosa non va nel mondo, mamma?]

(Where’s the love) [dov’è l’amore]

Yo, people living like they ain’t got no mommas [Le persone si comportano come se non avessero una madre]

In questo dialogo madre-figlio, possiamo metterci nei panni di un bambino che chiede alla sua mamma cosa non vada nel mondo. Con l’innocenza della tenera età, il bambino ci ricorda quanto possa essere puro e forte l’amore verso una madre, a tal punto da adottare un comportamento volto a non deluderla. Eppure, ognuno si comporta come se non ne avesse una, come se fosse irrilevante l’emozione negativa suscitata nel genitore.

Overseas, yeah, they trying to stop terrorism [oltreoceano, provano a fermare il terrorismo]

(Where’s the love) [dov’è l’amore]

Over here on the streets, the police shoot [quaggiù nelle strade la polizia uccide]

The people put the bullets in ‘em [le persone con i proiettili]

(Where’s the love) [dov’è l’amore]

But if you only got love for your own race [ma se solo avessi amore per la tua razza]

(Where’s the love) [dov’è l’amore]

Then you’re gonna leave space for others to discriminate [allora lasceresti spazio agli altri di discriminare]

(Where’s the love) [dov’è l’amore]

In questi versi, è evidente come il testo originale rimanga attuale anche a distanza di decenni. La polizia che uccide in strada liberamente è solo una delle tante critiche verso società e giustizia americane, specialmente se pensiamo a casi come quello di George Floyd. Le discriminazioni, anch’esse sempre attuali, sono all’interno della stessa razza umana in cui non c’è spazio per il diverso, ma solo per la guerra.

Every time I look up, every time I look down [Ogni volta che guardo in alto, ogni volta che guardo in basso]

No one’s on a common ground [nessuno è su un terreno comune)

(Where’s the love) [dov’è l’amore]

And if you never speak truth, then you never know how love sounds (e se non dite mai la verità, non saprete che suono ha l’amore)

(Where’s the love) [dov’è l’amore]

And if you never know love, then you never know God, wow (e se non conoscerete mai l’amore, allora non conoscerete mai Dio]

(Where’s the love) [dov’è l’amore]

Where’s the love y’all? I don’t know [ehi voi, dov’è l’amore? Non lo so]

Proseguono le domande, la ricerca di questo amore che sembra svanito dal mondo. Nonostante ognuno sia sullo stesso piano, proseguono le guerre, le discriminazioni, la divisione tra esseri umani di serie A e serie B. Diventa lecito, a questo punto, chiedersi chi mente, chi dice la verità, chi sappia dove questo amore si nasconde. Un amore riconducibile solo a Dio, la sua forma più pura secondo il Cattolicesimo, da abbracciare per porre fine a tutto questo dolore.

I feel the weight of the world on my shoulders [Sento il peso del mondo sulle mie spalle]

As I’m gettin’ older y’all people gets colder [mentre divento grande, la gente diventa fredda]

Most of us only care about money makin’ [molti di noi pensano solo a fare soldi]

Selfishness got us followin’ the wrong direction [l’egoismo ci ha portati nella direzione sbagliata]

Wrong information always shown by the media [informazioni sbagliate mostrate dai media]

Negative images is the main criteria [che scelgono sempre le immagini negative]

Infecting the young minds faster than bacteria [infettando le giovani menti più velocemente dei batteri]

Kids wanna act like what they see in the cinemas [i bambini vogliono fare le cose che vedono al cinema]

What happened to the love and the values of humanity? [cos’è successo all’amore e ai valori dell’umanità?]

Egoismo, capitalismo, fake news e modelli sbagliati: ecco cosa domina la società. Questo insieme di elementi fa sì che diventi lecito chiedersi cosa sia successo ai valori dell’umanità, alla solidarietà tra la gente. Perché tra bombe, razzismo, disuguaglianze, è facile perdere di vista quelle radici profonde che ci permettevano di legarci agli altri, di non vederli costantemente come nemici da abbattere.

Fuck You: un inno contro le mentalità chiuse e giudicanti

Il nostro percorso tra le canzoni sui Diritti Umani fa un salto in avanti al 2008. In questi anni, molti artisti erano ancora soliti postare la propria musica su MySpace, piattaforma che potremmo definire ‘antenata di Facebook’.

Insieme ai singoli I Could Say e The Fear, la cantante Lily Allen presenta sulla piattaforma Fuck You, uno dei suoi successi più famosi nonostante il tema per molti controverso. Difatti, Lily pone al centro della canzone l’omofobia, in una critica alla mentalità chiusa e ostile verso i membri della comunità LGBTQIA+.

Look inside, look inside your tiny mind, now look a bit harder [Guarda dentro, guarda dentro alla tua minuscola mente, poi guarda con più attenzione]

‘Cause we’re so uninspired [perché manchiamo di ispirazione]

So sick and tired of all the hatred you harbour [sono così stanca e stufa di tutto l’odio che provi]

So you say it’s not okay to be gay, well, I think you’re just evil [quindi tu dici che non va bene essere gay, beh, io penso che tu sia solo crudele]

You’re just some racist who can’t tie my laces [sei proprio uno di quei razzisti che non sono degni nemmeno di allacciarmi le scarpe]

Your point of view is medieval [il tuo punto di vista è medievale]

Diretta, senza giri di parole, Lily Allen non le manda certo a dire. Discriminare per l’orientamento sessuale è una pratica becera, che rende indegni, dalla mentalità piccola. Fin da subito, il punto di vista dell’altro viene definito razzista e medievale, frutto di un’altra epoca lontana dalle mille sfumature della società odierna.

Fuck you (Fuck you), fuck you very, very much [Fottiti (fottiti), fottiti tanto, veramente tanto)

‘Cause we hate what you do [Perché odiamo ciò che fai)

And we hate your whole crew [e odiamo la tua combriccola]

So, please don’t stay in touch [Quindi, per favore non sentiamoci]

Fuck you (Fuck you), fuck you very, very much [Fottiti (fottiti), fottiti tanto, veramente tanto)

‘Cause your words don’t translate [Perché le tue parole non si traducono]

And it’s getting quite late [e si sta facendo tardi]

So, please don’t stay in touch [Quindi, per favore non sentiamoci]

Non vale la pena dedicare del tempo a chi odia: è questo il messaggio introdotto dal ritornello. Bisogna solo voltare pagina, mandare a quel paese, ignorare quelle parole di odio senza senso, senza traduzione.

You say, you think we need to go to war, well, you’re already in one [Tu dici, che dovremmo andare in guerra, beh, tu sei già in una

‘Cause it’s people like you that need to get slew [Perché sono le persone come te che dovrebbero essere uccise]

No one wants your opinion [Nessuno vuole la tua opinione]

L’omofobia è una guerra, quella in cui degli individui si lasciano trasportare dall’odio e vedono negli omosessuali un pericolo. Per cosa? Per i bambini, per l’idea di famiglia tradizionale, per la stessa dicotomia uomo-donna. Gli omosessuali diventano vittime di questo odio, mentre i loro carnefici rimangono impuniti. Il tutto, mentre il mondo va avanti ed è sempre più lontano da questa visione in bianco e nero e, appunto, le opinioni degli hater quasi fuori moda.

Sei in un paese meraviglioso: ipocrisia all’italiana

Il nostro viaggio nelle canzoni sui Diritti Umani fa una penultima tappa italiana con Giancane, cantautore romano, conosciuto ai più per aver curato le colonne sonore di Strappare lungo i bordi e Questo mondo non mi renderà cattivo di Zerocalcare.

È il 13 giugno 2023. Da pochi giorni, Questo mondo non mi renderà cattivo occupa un posto nelle prime posizioni dei più visti su Netflix. Ad accompagnarne il successo, l’uscita di Sei in un paese meraviglioso, album colonna sonora pubblicato dall’etichetta Woodworm.

Sei in un paese meraviglioso non è solo il titolo dell’album, ma anche il brano sigla della serie e una dura critica verso il Belpaese e la sua ipocrisia.

Gente di mare che se ne va

Dove gli pare, ma non qua

A rubarmi il lavoro in questa giungla

E infrange il mio sogno che era aprire un bangla

Un bangla

Citando Gente di Mare di Umberto Tozzi e Raf, Giancane apre la sua critica con il più classico dei luoghi comuni dell’italiano medio: gli stranieri che arrivano nel nostro paese a rubarci il lavoro. Di quale lavoro si parla poi? Dei bangla, i classici negozietti gestiti da personale asiatico aperti oltre il classico orario, quelli in cui sai di poter fare la spesa anche a mezzanotte e a un prezzo, quasi sempre, più conveniente del classico supermercato. Insomma, il classico sogno dell’italiano medio e non un lavoro di serie B.

Niente di male se resti qua

se scappi da una guerra, sì ma di serie A

della tua laurea non importa a nessuno

è quel tono di pelle che è un po’ troppo scuro

sicuro, per qui

che sei

Sei in un paese meraviglioso

L’italiano medio, ahimè, è classista. Divide le guerre in serie A e serie B, accogliendo chi scappa da quello con più attenzione mediatica e denigrando chi scappa da conflitti minori. Non è importante che chi si ha davanti sia istruito, educato, civile, ciò che conta è solo il colore della sua pelle. E tutto questo, in un paese dalla forte influenza ecclesiastica, che predica l’amore per il prossimo senza metterlo realmente in pratica.

Ponti che crollano, navi che affondano

ma dai è tutto stupendo, basta non tocchi a me

studenti muoiono, ministri parlano

Fabbriche esplodono, case che franano

diritti muoiono, ministri applaudono

questo sapore di male non lo senti anche te?

L’ipocrisia all’italiana non risparmia neanche le vittime delle tragedie. I riferimenti al crollo del Ponte Morandi, al naufragio della Costa Concordia, gli studenti morti durante l’alternanza scuola- lavoro, i terremoti, gli infortuni sul lavoro e i diritti calpestati dalla politica.

Giancane nel suo testo non risparmia nessuno, ma anzi ci tiene a sottolineare come in Italia la mancanza di tutele generi tragedie, rese poi protagoniste del chiacchiericcio dei media. Tutti questi elementi si trasformano in male, in una società marcia, in cui il più debole non ha spazio e prevale una mentalità classista e xenofoba incapace di maturare e crescere.

Dalle Mie Parti: vivere insieme senza barriere e confini

Per l’ultima tappa del nostro percorso sulle Canzoni sui Diritti Umani, vi portiamo tra le onde, in mezzo al mare . È il 13 novembre 2020 quando la casa discografica e casa editrice musicale indipendente Sugar Music, pubblica Contatto, ottavo album dei Negramaro.

Dalle Mie Parti, dodicesima traccia dell’album, solo qualche mese dopo, vince il Premio Amnesty International Italia per la miglior canzone sui diritti umani nella sezione Big. Una canzone toccante, ma soprattutto densa di verità, definita da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:

«Un inno a un mondo senza discriminazioni e senza confini, in favore di un’appartenenza e di un’esistenza comuni e condivise».

Il brano pone al centro la triste realtà delle morti nel Mediterraneo, vicende particolarmente sentite nel nostro paese che, danno spesso luogo a episodi di xenofobia o diventano il fulcro di numerosi dibattiti politici.

Dalle mie parti si parla piano

Dalle mie parti si mangia sano

Dalle mie parti

Dalle mie parti si vola in alto

Dalle mie parti lo sguardo è basso

Dalle mie parti

Dalle mie parti si crede in Dio

Dalle mie parti sai chi son io

Dalle mie parti

Già dai primi versi, i Negramaro ci catapultano nella realtà del nostro paese mostrandocela come se ne fossimo spettatori esterni. Nel brano, l’Italia viene presentata come un paese in cui il cibo è sinonimo di salute, dove ognuno è umile, cattolico, dipinto come un puro. «Si crede in Dio» e «Sai chi son io», in particolare, pongono una netta distanza dallo straniero. Il migrante, soggetto a cui l’interlocutore si rivolge, arriva da paesi in cui si crede in Allah e, una volta qui, diventa uno stereotipo, qualcuno di cui non fidarsi perché vuole rubarci il lavoro e stuprare le nostre donne.

Dalle mie parti

Chi se ne fotte

Delle tue parti

Ecco che la distanza si fa ancora più netta, che le cose vengono messe subito in chiaro dall’interlocutore. Non importa da dove l’altro provenga, quale siano il suo credo e la sua cultura. Ora che è in Italia non è più importante, adesso ci sono ben altre regole da rispettare.

Lo sai che l’orizzonte è mio

che il mare non è mica tuo?

Lo sai che l’acqua che tu ingoi

Mentre affondi è di mio zio?

O forse di qualche antenato

Di un uomo sempre a me legato

Comunque ci son sempre stato

Chi sfida la potenza del mare per trovare salvezza, spesso non giunge a destinazione. Spesso, il mare è più forte e vince, trascinando a fondo chi ha osato sfidarlo. Ed è qui che la canzone ci introduce un’ulteriore sfumatura del punto di vista xenofobo: quello in cui si pensa a chi appartiene la giurisdizione del Mediterraneo. Non conta che siano state perse delle vite umane, che quelle persone stessero lottando per il proprio diritto alla vita, ma solo che non fossero al proprio posto.

Dalle mie parti a testa alta

che se la abbassi per loro è fatta

Dalle mie parti

Dalle mie parti chi crede in Dio

deve provare in quale dio

Dalle mie parti

Dalle mie parti non si ha più pane

Dalle mie parti c’è solo fine

Se solo parti

Dalle mie parti me ne vado io

Lo sai chi ero io?

Un uomo come un altro, io

Lo sai che non avevo voglia di lasciare un figlio mio?

Ecco che la canzone diventa un dialogo a due. Non più solo il punto di vista dell’italiano, ma anche quello del migrante. Un uomo disperato che ci racconta da cosa è fuggito, che ci prende per mano e ci porta in quella che è la realtà del paese da cui proviene, fatta di mancanza di cibo, morte e dolore inflitto in nome di un qualsivoglia Dio. Quello stesso uomo, quello stesso essere umano, si mette a nudo e ci mostra l’altra faccia della medaglia, quella di cui spesso non si tiene conto o che, semplicemente, si finge di non vedere. Quella realtà che ti porta a rinunciare a tutto, anche ai tuoi affetti più cari.

Dalle mie parti si dà una mano

Dalle mie parti io resto umano

Dalle mie parti

Dalle mie parti si corre in salvo

Di chi ha bisogno di un cuore amico

Dalle mie parti

Dalle mie parti ci siamo solo tu ed io

Eppure, in tutto questo dolore e in questo mondo che ci vuole uno contro l’altro, rimane un briciolo di umanità. Rimane quella voglia di condividere, di buttare giù le barriere e abbracciare la diversità dell’altro. Persiste quel desiderio di aiutare chi è in difficoltà, di non fermarsi di fronte a origini, lingue e culture differenti. C’è solo quella voglia di appartenere alla stessa comunità, a prescindere da dove essa si trovi geograficamente. Di essere ancora umani, insieme.

Sin dal 1950, il 10 dicembre si celebra la Giornata Mondiale dei Diritti Umani e la diversità di ognuno, le mille sfumature degli esseri umani. Queste canzoni sui Diritti Umani ci insegnano, però, che molti non sono ancora pronti a vedere la tavolozza di colori da cui è composta l’umanità. Siamo ancora lontani da un’idea di mondo unito, senza guerre, xenofobia e razzismo. Siamo e saremo purtroppo, ancora per molto tempo, fermi a una società in cui vige la banalità del male di cui parlava la filosofa Hannah Arendt nel 1963. Una società fatta di uomini comuni, superficiali e mediocri, incapaci di pensare al reale valore morale delle proprie azioni e delle proprie parole.

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