canzoni sulla violenza sulle donne

More Than Lyrics, le canzoni sul lutto che accompagnano la perdita

La morte è parte dell’esistenza, la parola ‘fine’ di quel percorso chiamato vita che ogni giorno ci impegniamo a rendere il più soddisfacente possibile. Durante questo percorso, però, ci capita di perdere persone a noi care per le più svariate motivazioni. Ed è qui che la musica corre in soccorso in queste canzoni sul lutto che vi presentiamo oggi, Giornata dei Defunti.

Wrecked: sentirsi persi e in balia del dolore dopo un lutto

Iniziamo questo viaggio nelle canzoni sul lutto dalla band statunitense diventata uno dei maggiori esponenti del pop rock americano: gli Imagine Dragons.

È il 29 giugno del 2021: tutto è ormai pronto per il debutto sul mercato di Mercury Act I, quinto album degli Imagine Dragons. Ad accompagnare l’annuncio della disponibilità del preordine, quello dell’uscita del secondo estratto Wrecked, brano scritto dal frontman Dan Reynolds in seguito alla morte della cognata.

«Questa canzone è stata il mio modo di affrontare tutto questo, poiché la musica è sempre stata il mio rifugio»

Racconta Dan, confermando come la musica sia capace di aiutarci ad affrontare anche i momenti più bui.

Days pass by and my eyes, they dry, and I think that I’m okay [Passano i giorni e i miei occhi restano asciutti e penso di stare bene]
‘Til I find myself in conversation fading away [Fino a quando mi ritrovo nella conversazione che svanisce]
The way you smile, the way you walk [Il modo in cui sorridi, il modo in cui parli]
The time you took to teach me all that you had taught [Il tempo che hai impiegato per insegnarmi tutto quello che hai insegnato]
Tell me, how am I supposed to move on? [Dimmi, come dovrei andare avanti?]

Quando qualcuno che amiamo ci lascia capita di sentirsi spaesati, persi, di non sapere come andare avanti. A volte non riusciamo a buttare fuori il dolore e crediamo di stare bene, quando invece abbiamo solo bisogno di tempo per metabolizzare.

My mind is a place that I can’t escape your ghost [La mia mente è un luogo in cui non posso fuggire dal tuo fantasma]

Ed è così che pensiamo a quella persona in ogni momento, che ci facciamo mille domande del perché il nostro tempo insieme sia già finito. Non riusciamo a scappare da quel pensiero, appunto, da quel fantasma che ci tiene bloccati a quelli che ormai sono soltanto ricordi.

Oh, I’m a wreck without you here [Oh, sono un relitto qui senza di te]
Yeah, I’m a wreck since you’ve been gone [Sì, sono un relitto da quando te ne sei andata]
I’ve tried to put this all behind me [Ho provato a lasciarmi tutto alle spalle]
I think I was wrecked all along [Penso di essere stato distrutto tutto il tempo]
Yeah, I’m a wreck [Sì, sono un relitto]

A pezzi, in balia della corrente, è così che Dan descrive il dolore della perdita ed è così che la morte ci fa sentire. Siamo relitti in mezzo al mare, siamo rottami persi tra le onde.

These days when I’m on the brink of the edge [In questi giorni quando sono al limite]
I remember the words that you said [Ricordo le parole che mi dicesti]
“Remember the life you led” [“Ricorda la vita che hai condotto”]
You’d say, “Oh, suck it all up, don’t get stuck in the mud [Mi avresti detto, “Oh, fattene una ragione, non rimanere bloccato nel fango]
Thinking of things that you should have done” [Pensando alle cose che avresti fatto”]
I’ll see you again, my loved one [Ti rivedrò, mia cara]

Chi se ne va ci lascia sempre qualcosa, nel bene e nel male. Spesso, ciò che ci viene lasciato sono insegnamenti e incoraggiamenti che ci portiamo dentro. Le parole dei nostri cari risuonano nella nostra mente nei momenti bui, ricordandoci che, in fondo, chi ci ama non ci lascia mai veramente.

Terrible Things: la sofferenza straziante di perdere la persona amata

La seconda tappa del nostro viaggio nelle canzoni sul lutto fa un tuffo indietro di 10 anni.

È il 2011 quando i Mayday Parade, rock band americana, pubblicano il loro secondo ep Valdosta. Tra le tracce inedite dell’ep si nasconde un brano pronto a strapparti il cuore: Terrible Things.

By the time I was your age, I’d give anything [Quando avevo la tua età avrei fatto di tutto]
To fall in love truly, was all I could think [per innamorarmi veramente, era tutto quello a cui pensavo]
That’s when I met your mother [È stato quando ho conosciuto tua madre,]
the girl of my dreams [la ragazza dei miei sogni]
The most beautiful woman that I’d ever seen [La donna più bella che abbia mai visto]

Terrible Things è il racconto di un padre a un figlio sull’incontro con sua madre. Sappiamo che in molti hanno già sentito una storia d’amore iniziare così, ma dimenticate l’ironia della famosissima serie. I Mayday Parade, sulle note di un piano, ci introducono a una storia che avrà tutt’altro che un lieto fine.

I said, “Girl can I tell you, a wonderful thing? [Dissi, “Ragazza posso dirti una cosa meravigliosa?]
I made you a present, with paper and string [Ti ho fatto un regalo con carta e nastro]
Open with care now, I’m asking you please [Aprilo con cura ora, te lo sto chiedendo per favore]
You know that I love you, will you marry me?” [Sai che ti amo, vuoi sposarmi?”]

Now son, I’m only telling you this… [Ora figliolo, ti sto dicendo questo solo…]
Because life, can do terrible things
[Perché la vita può fare cose terribili]

L’amore che sboccia tra due giovani, si evolve e culmina in una proposta di matrimonio. Il padre, però, continua ad invitare suo figlio a non abbassare la guardia.

She said, “Boy can I tell you, a terrible thing? [Lei disse, “Ragazzo posso dirti una cosa terribile?]
It seems that I’m sick and I’ve only got weeks
[Sembra che io stia male e che abbia solo qualche settimana]
Please don’t be sad now, i really Believe
[Per favore non essere triste ora, io credo davvero]
You were the greatest thing that ever happened to me”
[Che tu sia la cosa migliore che mi sia mai capitata]

Capita a volte di innamorarsi, di amare qualcuno in maniera totalmente profonda e viscerale. Proprio come dicono i Mayday Parade in questo racconto in musica, però, la vita può fare cose terribili. Ed ecco, appunto, che questa storia d’amore perfetta subisce un duro colpo: la malattia, la morte che sopraggiunge silenziosa.

So don’t fall in love, there’s just too much to risk [Quindi non innamorarti, c’è troppo da rischiare]
If given the choice, then I’m begging you’ll choose
[Se ti verrà data scelta, allora spererò che sceglierai]
To walk away, walk away, don’t let her get you
[di andare altrove, via, non lasciare che lei ti convinca]
I can’t bear to see the same happen to you
[Non riesco a sopportare che ti succeda lo stesso]

Il dolore porta il padre a mettere suo figlio in guarda sui rischi dell’amore, ad augurargli di non innamorarsi per non soffrire così. La perdita è così straziante che diventa meglio prevenire che curare per non rischiare di vivere mai un simile dolore.

Il lutto è così doloroso e difficile da gestire da arrivare a trasformarsi in egoismo e, persino, nella capacità di impedire a un figlio di imparare ad amare.

Sta passando Novembre: una vita spezzata a vent’anni

Il nostro viaggio nelle canzoni sul lutto torna in Italia, più precisamente al 2005.

È per te
Questo bacio nel vento
Te lo manderò lì
Con almeno altri cento

Quante volte vi è capitato di vedere questi versi in giro per il web?

Si tratta dell’intro di una delle canzoni di Eros Ramazzotti più toccanti di sempre: Sta passando Novembre.

Brano contenuto nel decimo album del cantautore italiano, Calma Apparente, Sta passando Novembre è una canzone ispirata a un fatto di cronaca dello stesso anno.

È per te
Forse non sarà molto
La tua storia lo so
Meritava più ascolto
E magari chissà
Se io avessi saputo
T’avrei dato un aiuto

Una ragazza di appena 20 anni si tolse la vita buttandosi sotto a un treno. Sembrerebbe che Eros avesse tentato di aiutarla senza successo, in quanto la ragazza idealizzava un mondo tutto suo senza riuscire a vivere in quello reale.

Ma che importa oramai
Ora che
Puoi prendere per la coda una cometa
E girando per l’universo te ne vai
Puoi raggiungere forse adesso la tua meta
Quel mondo diverso che non trovavi mai
Solo che non doveva andar così
Solo che tutti ora siamo un po’ più soli qui

Quando muore qualcuno, ci chiediamo sempre dove finisca la sua anima, se sia vero che ovunque siano, i nostri cari ci guardano. Qui, Eros riesce a farci immaginare i nostri cari defunti come spiriti in grado di giocare con le stelle, girare l’universo e, finalmente, essere liberi.

Nonostante la gioiosa visione, vi è tuttavia il riconoscimento di un sentimento dolce amaro di quella libertà che, per chi rimane, diventa solitudine e rimpianto.

Mentre guardo lassù
Sta passando novembre
E tu hai vent’anni per sempre

Perdere qualcuno e, soprattutto, perderlo a una così giovane età ti fa pensare a questo. Sogni lasciati in sospeso, traguardi che non verranno mai raggiunti, candeline che non verranno più spente. Il tempo che, inesorabile, si ferma e fissa un’immagine nei nostri ricordi di un viso che ricorderemo, per sempre, giovane.

5 Minuti: il desiderio di poter rivivere un momento con chi non c’è più

Il nostro percorso nelle canzoni sul lutto prende la rincorsa, facendo un passo in avanti di ben diciassette anni. È un freddo dicembre del 2022 quando Andrea De Filippi, in arte Alfa, presenta il brano che avrebbe dovuto portare a Sanremo Giovani: 5 minuti.

Il brano, uno dei più difficili da scrivere per Alfa, racconta di un evento accadutogli al liceo: la morte di una sua amica in seguito ad un incidente stradale.

«Quando perdi una persona da un momento all’altro, in maniera così inaspettata, non la perdi davvero da un momento all’altro perché ci sono dei pezzi di lei che continuano ad esserci. Magari non sbiadiscono, stanno lì e ci sono dei momenti in cui ti fa strano che lei non ci sia. Mi è capitato un po’ di tempo fa di sognarla e di parlarci un po’, di sfogarmi con lei perché in quel momento avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno. Lei mi ha ascoltato, solo che questa cosa è durata troppo poco. Quindi ho scritto questa canzone che si chiama “5 minuti”, proprio perché avrei voluto cinque minuti in più per sognarla ancora un po’».

Questo uno dei modi in cui Alfa introduce il suo brano durante i live, spiegando la genesi di 5 minuti (potete recuperare qui lo spiegone di Alfa).

E ora che tu non ci sei
Parliamo nei sogni miei
Lasciatemi sognare in pace
Ancora cinque minuti in più
È una giornata no
Che dura già da un po’
Lasciatemi sognare ancora cinque minuti in più
La sveglia suonerà
Ma ora dorme la città
E tu mi potrai ascoltare
Come sai fare soltanto tu

Cinque minuti in più sono tutto quello che si può desiderare quando i nostri cari ci lasciano per sempre. Solo quei cinque minuti in più per potergli dire ancora una volta quanto la loro presenza ci abbia cambiato, il bene che gli vogliamo. Un tempo apparentemente breve che, però, acquisisce un valore immenso quando si tratta di condividerlo con chi abbiamo profondamente amato in questa vita.

Ma so che stai guardando
Quello che sto facendo
Se il sole è così bello
È grazie al temporale
Fa male, fa male

Fin da piccoli, spesso ci insegnano che chi ci lascia in realtà non va mai via davvero. Da qualche parte nell’universo, da “lassù”, i nostri cari continuano a guardarci e starci vicino. Alfa lo sa, è consapevole che la sua amica, ovunque sia, gli è accanto ed è fiera di lui. Nonostante la separazione sia dolorosa, la vita però continua, il temporale passa e il sole torna a splendere anche se chi amiamo non c’è più.

Ma ora che ti vedo sei
Lì che dormi sul guardrail
Ti lascerò sognare in pace
Ancora cinque minuti in più

E così si chiude 5 minuti, uno dei brani più toccanti di Alfa. Con questi versi finali e un richiamo alla morte per incidente stradale, il cantautore genovese lascia andare la sua amica, permettendole di sognare «cinque minuti in più» la vita che le hanno strappato via troppo presto.

Attraversando gli anni: dire addio a chi ci lascia improvvisamente

Per l’ultima tappa del nostro viaggio nelle canzoni sul lutto, dobbiamo tornare indietro di qualche anno all’estate del 2016.

Ore 3:36 del 24 agosto 2016, una scossa di terremoto di magnitudo 6.0 distrugge i comuni di Accumuli, Amatrice e Arquata del Tronto con le relative frazioni. La potenza della natura quel giorno ha messo fine alla vita di 299 persone, perdite improvvise che ancora oggi, dopo 8 anni, fanno male come non mai.

Qualche mese dopo, il 16 dicembre, fa il suo ingresso nel mercato musicale la canzone di un’artista che quel dolore lo ha conosciuto da vicino: Attraversando gli anni di Federica Carta.

La strada è la stessa
Ma sembra più vuota
Il vento è più freddo se è solo per me
Tu non mi accompagni
Cammino da sola
Nessuno mi guarda
Nessuno mi aspetta

Suo singolo di debutto presentato durante la sedicesima edizione di Amici, Attraversando gli anni è un brano che pone al centro il dolore per la perdita di un amico e la sensazione di vuoto che l’accompagna.

Un giorno ci rincontreremo ancora chissà dove
Saremo stati grandi
Attraversando gli anni
Oppure ci rincontreremo mano nella mano
La testa tra le nuvole
La terra sotto i piedi
Mi manca non lo vedi

Nonostante la separazione terrena, non si smette mai di sperare che un giorno rincontreremo chi ci lascia. Specialmente quando poi a lasciarci è un giovane amico, si pensa sempre a quanto sarebbe stato bello crescere insieme ed esserci a ogni traguardo della vita.

Ridere, correre, amare
Ma amare davvero senza condizione
Sbagliare e pentirsi poi fare la pace
Sapendo che niente ci avrebbe cambiato
Perché niente era in grado…

Sì, niente è in grado di cambiare un’amicizia così preziosa, neanche la morte. In questi versi, Federica ci ricorda la purezza dell’amicizia, di un legame capace di essere indelebile nonostante tutto.

Mi manchi, non lo vedi?

Questo il verso di chiusura del brano e quella domanda che, in fondo, ci poniamo tutti quando qualcuno che amiamo ci lascia. Ovunque sei, mi vedi? Sai quanto profondamente sento la tua mancanza?

Purtroppo non possiamo dare una risposta certa a queste domande, ma possiamo continuare a credere che chi ci lascia sia là fuori da qualche parte, con lo sguardo rivolto in basso, ad osservare come va la vita sulla terra. Il tutto con la speranza di poter riabbracciare, un giorno, coloro ai quali in fin dei conti non abbiamo mai detto un vero addio, ma solo un “arrivederci“.

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