Il 30 ottobre il Monk è stato teatro della presentazione del nuovo album dei Fast Animals and Slow Kids, Hotel Esistenza. La band perugina si racconta, racconta il processo di scrittura e registrazione dell’album, regalandocene qualche pezzo live.
Il disco si apre con “Una Vita Normale”, che Aimone descrive come un pezzo volto a “normalizzare” il fatto che non esista una vita normale. Tutti quanti si trovano di fronte agli stessi sbarramenti, tutti quanti vogliono essere felici, vogliono trovare il proprio posto nel mondo e vivere l’amore nel senso più profondo del termine. Combattiamo tutti le stesse battaglie, pertanto una “vita normale” non esiste perché sono tutte normali, e derivano dalle differenti scelte che ognuno di noi compie. Il senso del brano è quello di “calmare” il livello dei giudizi, prima di tutto per noi stessi, e poi per il mondo che ci circonda.
Quanto ve ne importa del giudizio degli altri? Quando c’è un rapporto stretto con i fan, come nel vostro caso, si crea anche un legame di fiducia. Con la scelta di un cambiamento radicale, come nel vostro caso di aggiungere tastiere e sintetizzatori, c’è la paura di “tradire” chi c’era già da prima?
Aimone racconta che per loro è già difficile arrivare alla fine di una canzone – figuriamoci del disco – essendo tutti e quattro per davvero d’accordo. “Per davvero d’accordo” significa che tutti gli elementi che caratterizzano una canzone – la singola parola che viene pronunciata, il riff di chitarra, ogni singola linea – devono essere approvati da tutti e quattro. E con approvarla si intende sentirla, farla propria ed esserne rappresentati. È un percorso lungo su cui lavorano molto, in cui si deve anche considerare la variabile “gusto del pubblico”, senza però cadere nei propri preconcetti riguardo come la gente ti ascolta.
La risposta, andata un po’ per le lunghe, è no. O almeno, la band cerca di curarsene il meno possibile, sapendo però che inconsciamente il pensiero andrà sempre là. L’obiettivo è astrarsi da tutto questo, per arrivare ad una canzone che possono “sostenere”.
Voi siete in quatto, e ogni volta che c’è da prendere una decisione e la mettete ai voti, rischiate il pareggio…
Aimone scherza, dicendo che questi “pareggi” prima o poi li porteranno allo scioglimento, che non avverrà mai veramente perché ci saranno due voti a favore e due contro. Sono sempre “divisi” due e due, anche nella scelta del loro pezzo preferito del disco. Chi si trova ad essere d’accordo con Jacopo, il bassista, non otterrà mai la maggioranza perché è il paciere del gruppo. Con le parole di Aimone, “Jacopo, davvero. noi ti vogliamo tanto bene, ma non sei bravo a perorare la cause. Però sei molto bravo come bassista, e ti amo come persona“.
La loro “divisione” impatta principalmente su decisioni che hanno a che fare con cose laterali alla musica. A livello di composizione musicale e di scrittura, la canzone è più importante dei singoli componenti. Ogni singolo pensiero dei ragazzi è volto alla scrittura del pezzo migliore possibile. Allo stesso tempo, se qualcuno si impunta e si oppone fortemente ad un pezzo, gli altri ascoltano perché sanno che quella canzone, in quella determinata veste, non piace. Le situazioni di parità si verificano di più in situazioni di scelta dei singoli, ad esempio.
Come si scelgono le tracklist?
Quella di Hotel Esistenza è stata finalizzata l’ultimo giorno di masterizzazione, in studio. Con le tempistiche stringenti che ci sono per stampare e circolarizzare il disco, non c’era più tempo da perdere e andava presa una decisione definitiva.
Non c’era una situazione di parità, ma “quattro folli che pensavano quattro cose diverse”. Sono state fatte varie prove, che davano tutte però un senso di “confusione”, essendo un album molto variegato. La scelta finale è caduta sulla proposta del loro produttore, Giovanni Pallotti: accostare i pezzi simili. Girando il disco, si nota che sembra diviso in due parti. Dall’inizio del disco, i pensieri salgono d’intensità, anche sonora, e arrivati al massimo si giunge ad una fase più “riflessiva”.
Il disco si apre con il rombo di una macchina, e non si chiude con lo spegnimento, perché “il disco non deve chiudersi, deve reiniziare”. Il primo pezzo dice “dentro di me c’ho l’inferno“, e l’ultimo si chiama “Dimmi Solo Se Verrai All’Inferno” e dice “dimmi solo se verrai all’inferno con me”. L’idea era quella di mostrare il percorso dentro i propri sentimenti, dentro le proprie emotività: se mi accompagni dentro tutto questo percorso, possiamo reiniziare.
Può sembrare banale, ma sono argomenti su cui la band pensa molto. Ad esempio, “È Solo Colpa Tua” è un pezzo che parla del senso di colpa che sviluppiamo rispetto al tradire quello che era il nostro “io bambino”. Aimone racconta che loro a 17 anni volevano fare rock and roll, ed è un’aspettativa che hanno tradito nel tempo, perché è inevitabile. Eppure, scrivendo quel pezzo si sono resi conto che suona un po’ come i Jimmy Eat World, come la musica che ascoltavano da adolescenti.
Nei dischi conta tanto la prima canzone, quanto la seconda. La prima ti “catapulta” dentro, con la seconda inizi a capire dove sei. E la seconda è “Quasi L’Universo”.
È bello che nel 2024 si pensi ancora in forma di album. Gli album, nel loro caso, derivano da tre anni di scrittura, tre anni di pensieri messi su carta. Per Hotel Esistenza erano state scritte 42 canzoni, che sono diventate poi 11, abbastanza per raccontare bene ciò che la band ha dentro. “Tutta la tracklist è frutto di questo pensiero, quindi ovviamente è importante il secondo pezzo, ma anche il terzo, il quarto ed il penultimo“.
Con riferimento a “Quasi L’Universo”, Aimone racconta che, suonandolo per la prima volta in diretta su Tik Tok, ha sbagliato il testo, cantando “una voglia matta di ballare“ invece di “una voglia matta di cambiare“. Come sua ammissione, sicuramente quel la frase non la sbaglierà più, per gli altri testi invece non se la sente di garantire…
Come nascono i titoli? C’è una certa “associazione” tra il titolo dell’album e il pezzo “Riviera Crepacuore”?
“Riviera Crepacuore” è un titolo che è nato subito, fin dal provino in versione strumentale. Alessio, il batterista, ha avuto l’idea leggendo un libro di Pier Vittorio Tondelli, “Un weekend postmoderno”, che parla molto della Riviera romagnola, e cita un romanzo che si chiama “Crepacuore”. Aimone, appena ricevuto il provino strumentale, ha subito immaginato i viaggi in furgone lungo la A14, passando per la Riviera romagnola. Per i perugini come loro è tipico andare in vacanza in Riviera, un luogo che, rispetto alla vacanza d’estate con la famiglia, d’inverno cambia radicalmente.
L’immaginario degli hotel della Riviera romagnola ha suggerito il nome Hotel Esistenza. Ciò che piace alla band degli hotel è il fatto che non siano mai uguali. Gli hotel sono luoghi dove passano gran parte del loro tempo, tanto da addirittura chiamarlo per errore “casa” a volte.
L’hotel è un “contenitore” dove convivono 11 canzoni diverse tra loro, proprio come in hotel ci sono mille mondi dentro una stanza. Dall’altra parte, “esistenza” deriva dal fatto che nel mondo della musica si tende ad apparire: la musica invece esiste. Queste 11 canzoni rimangono ferme nel tempo, a raccontare chi sono ora i FASK e tutto quello che sono stati in quindici anni.
Hotel Esistenza è un disco rappresentativo del percorso della band lungo i loro 15 anni di carriera. A detta di Aimone, più di altri, come ad esempio Alaska o Animali Notturni, che sono più “fotografie” di un momento preciso nel tempo.
“Milioni di persone, ma quante sono felici?” cantate proprio in Riviera Crepacuore. E voi, vi reputate felici?
Il rapporto con la felicità è un lavoro complesso, non si sa quanto dura e non se ne comprendono bene i confini. È un lavoro che si fa tutti i giorni, a volte la risposta è “sì”, altre “no”. Secondo Aimone, a volte è bene a non domandarselo e provare a esistere, cercando di non essere “persone orrende”, per vivere bene in società.
C’è un pezzo in cui la frustrazione è evidente, in cui uno di voi è ad una festa e si rompe tremendamente di stare lì. Questo pezzo è pura autobiografia?
Aimone racconta che è stato invitato ad una festa a Ventotene, anche se il proprietario di casa non voleva che andasse, e nemmeno lui non ne aveva troppa voglia. Era stato più un vantarsi di avere una bella casa a Ventotene.
Spazio alle domande dal pubblico, prima di chiudere l’evento.
C’è stato mai un momento, una sensazione, un’esperienza, che non siete riusciti ad esprimere a parole?
Ognuno trova il modo per esprimere ciò che prova dentro: c’è chi scrive, chi dipinge, chi va a correre, chi legge e chi ascolta la musica. Tra tutti i modi “artistici” che esistono, loro hanno scelto la musica, perché dicendo meno con le parole ma più con la musica, creando l’atmosfera intorno alle parole, riescono a trovare la quadra per esprimere correttamente ciò che non sarebbero riusciti ad esprimere a voce. Come quando si ripete prima di un esame per meglio fissare i concetti studiati, la scrittura li porta a ragionare sulle loro vite, accompagnandoli in un percorso di miglioramento come esseri umani.
Guardando le 11 canzoni di Hotel Esistenza, c’è un pezzo tra questi che poteva rappresentare al meglio i FASK a Sanremo?
Aimone non saprebbe rispondere, mentre Alessio propone “Quasi L’Universo” oppure “Una Vita Normale”. Escludono “Festa”, perché lo reputano un pezzo che mostra i FASK in chiave ironica, un aspetto che esce fuori dopo anni in questo settimo album e soltanto in questo pezzo. “Cavalli”, il loro primo disco, era molto ironico, che però li ha fatti percepire come “quelli che fanno ridere”. Va bene passare per persone che scherzano, ognuno cerca di vivere la vita con leggerezza, ma non vorrebbero mai essere percepiti come “superficiali” in base alla musica che suonano.
“Festa” da solo come singolo non è infatti rappresentativo né del disco, né della band. Considerato nella totalità dell’album, invece, è evidente la funzione di “spezzare”, per costruire un percorso con la tracklist che costituisce una panoramica delle influenze e delle chiavi con cui si esprimono a livello musicale.
Come fate a capire quando un pezzo è finito e non è più da toccare?
Alessio spiega che non è mai facile da capire quando una canzone è finita. Con gli anni hanno capito quando è il momento di non aggiungere troppi “strati” a livello di arrangiamento. A livello di composizione, c’è un momento in cui si capisce che è tutto giusto e non c’è nulla da cambiare. La canzone è finita nel momento in cui si trova il cambio corretto, che sia più lento o più veloce. Porta ad esempio “Una Vita Normale“, l’ultimo pezzo dell’album che hanno scritto: i giri di accordi sono stati cambiati varie volte prima di arrivare alla versione definitiva soddisfacente per tutti.
Aimone aggiunge che nel corso del tempo hanno imparato a non accontentarsi. Tutti lo fanno: ci si stufa a cambiare in continuazione la canzone e si decide di chiuderla così com’è.
I FASK possono prendersi il tempo necessario per scrivere le canzoni senza accontentarsi. Con le parole di Aimone, “Abbiamo 15 anni di musica alle spalle, e sappiamo che se corriamo facciamo musica di merda. Non bisogna produrre musica di merda perché c’è un overload di musica. Non c’è bisogno di musica di merda dei FASK. Cerchiamo di fare musica il meglio possibile con i FASK, questo è l’approccio. Ci teniamo a dirlo perché è un privilegio perché noi abbiamo il tempo di poterlo fare. Abbiamo un pubblico che ci viene a vedere se facciamo due ore di delirio parlato”.
Un artista che inizia ora non ha questo lusso perché ormai la musica è mercato, bisogna solo produrre. All’inizio dei FASK, hanno potuto suonare in locali e su palchi piccolissimi, che adesso nemmeno ci sono più. L’augurio di Aimone agli artisti emergenti è quello di potersi rendere conto che non è necessario farsi schiacciare dalle pressioni dei tempi moderni, ma che è giusto prendersi il tempo necessario per lavorare bene.
Avete detto che avete lavorato 3 anni all’album scrivendo 42 canzoni. Quelle canzoni scartate erano canzoni finite? Vi rimane il magone di non averle pubblicate perché dentro c’era qualcosa da dire?
Aimone spiega che tendenzialmente rimangono in una “voragine”, in un “limbo”, anche se talvolta qualcosa ne esce fuori. Ad esempio, “Dimmi Solo Se Verrai All’Inferno” nasce da un giro di piano del 2017 che non è mai diventato una canzone. In questo disco ci sono esempi simili, ma di base succede raramente, preferiscono ricominciare da capo. Anche se, riascoltando i pezzi rimasti nel limbo dopo anni, riescono a rendersi conto di quanto fossero descrittivi della loro vita nel momento in cui li hanno scritti.
Dall’altra parte, sentono il bisogno già da subito dopo l’uscita dell’album di ricominciare a scrivere nuove canzoni. Solo e soltanto con pratica costante, prima o poi si riuscirà a trovare la frase rappresentativa, il giro di accordi adatto alla canzone.
I FASK ci hanno regalato un primo sguardo tra le stanze del loro Hotel Esistenza. Un piccolo assaggio di ciò che ci aspetta nel loro tour nei palazzetti, che li porterà in giro per l’Italia per tutto dicembre. E se non siete ancora convinti di andarli a vedere live, sono sicura che un ascolto su Spotify vi farà ricredere!