Filippo Bosnia, in arte Bosnia, classe 1998, è un rapper, producer e cantante di origini napoletane. Si avvicina alla musica sin dall’età di otto annI. Da quel momento in poi, le parole in musica saranno la sua ricerca senza fine, portandolo negli anni non solo ad affinare le tecniche di scrittura e a pubblicare diversi brani in autonomia, ma anche ad andare oltre i confini dei generi musicali, approcciando la composizione in maniera libera e creativa.
Alla passione per il canto e per la scrittura, infatti, si unisce quella per la musica elettronica, complice nella sperimentazione e nella ricerca di un sound pop più personale e rappresentativo dell’artista. I suoi primi singoli, pubblicati con Aurora Dischi e Universal Music Italia, sono stati inseriti nelle principali playlist editoriali di Spotify e delle altre piattaforme di streaming.
BOSNIA arriva a Sanremo Giovani 2024 con “Vengo dal Sud”.
“Vengo dal Sud” è il tuo ultimo singolo con cui siete in gara a Sanremo Giovani. Come nasce questo brano e soprattutto come hai deciso fosse il “progetto giusto”?
Allora cosa mi ha fatto dire che è quella giusta? Beh sicuramente il fatto che io sono tanto per il Sud, i miei nonni sono calabresi, però io in realtà sono nato a Napoli. Ma è una cosa generalizzata, io sono per i sud del mondo che spesso sono abbandonati per cercare qualcosa di diverso.
Questa opportunità arriva in uun momento in cui sto lavorando su un progetto che unisce il napoletano, l’italiano in un mix di generi che spaziano dal rap, al pop, alla musica elettronica. In questo viaggio, inoltre, abbiamo inserito un altro elemento fondamentale: la nostalgia.
Nostalgia che poi viene figurata con canzoni d’amore, canzoni introspettive, ma sentivo che mancava qualcosa che oggi ho ritrovato in “Vengo dal sud”: quel ricordo di casa, di radici, di nostalgia del passato e di ricordi che arrivano e sfumano. Per questo quando Domenico Giannini, il mio discografico mi ha proposto quest’opportunità ho lavorato su questo brano con l’aiuto di mio cugino, Giuseppe De Rosa. Con lui abbiamo lavorato per dare al brano quei suoni tipici della musica partenopea.
Per quanto riguarda proprio l’esperienza di questo Sanremo Giovani, come ti stai trovando? Ti aspettavi questo vortice oppure te lo aspettavi in maniera diversa? Come pensi che andrà dopo questo quest’esperienza?
Allora guarda, sicuramente, il dopo non posso saperlo. Vorrei avere la palla di vetro per sapere come andranno le cose, però ti posso dire quello che trovo adesso. Sicuramente, oggi, capisco tanti discorsi sul fatto che è importante fare gavetta, è importante lavorare tanto perché quando ti trovi in una situazione sai come gestire tutto. Nella vita di tutti i giorni faccio il docente alle scuole elementari e faccio i progetti nelle scuole medie, ai miei ragazzi insegno questo. E’ questo il mio insegnare: fai le cose che ami, mettici passione e amore, dai il massimo e impegnati.
Posso dirti che spesso sono sopraffatto, si parla sempre di Sanremo, ma lo capisco è una cosa importante e bisogna parlare delle cose importanti che accadono. Vada come vada, sono felice. Ci tengo però ad una cosa: io ho bisogno di comunicare la mia passione, devo andare là per comunicarla. Non devo andare là per fare la sfida con quello per essere migliore di qualcun altro. Alla fine il metro di paragone, sarò sempre io con la mia musica. Io devo fare una cosa che mi fa stare bene e stop: è facile a dirlo veramente, un po’ meno facile a viverlo. Quindi anche ripeterlo come mantra, insomma, mi aiuta a focalizzarlo, a tenerlo mio.
Nei tuoi brani si sente questa tua esigenza di fondere le tue origini “del sud” con la tua idea di musica creando un connubbio unico e perfetto. Cosa ci puoi raccontare di questo tuo stile?
Le mie origini sono un pò il mio marchio di fabbrica, che prescinde la produzione artistica. Le mie origini si sentono proprio nel mio essere e di estenare Filippo. A livello artistico sono cresciuto ascoltando Pino Daniele, Rino Gaetano, Sergio Cammariere. Il mio backgroud culturale nasce dal cantautorato, italiano, ma anche del sud, come lo stesso Domenico Modugno che è siciliano. Insomma tutti questi artisti fanno parte della tradizione italiana a prescindere dalla loro locazione geografica. Sicuramente nei miei brani questo si riscontra con l’utilizzo del dialetto che io amo definire la lingua napoletana perchè rispetta dei canoni grammaticali piuttosto che delle desinenze ecc.
Io scrivo e canto nella lingua con cui sono cresciuto, forse il mio cervello è settato in questo modo e quindi è facile per me muovermi in questo campo. C’è da dire però che il napoletano è una lingua quasi internazionale. In qualunque parte del mondo tu ti trovi, se parli napoletano, ti capiscono e parlo per esperienza personale.
Tornando appunto alla tua produzione musicale, mi dicevi che stai lavorando tanto su su un progetto più grande, come nascono tendenzialmente le tue canzoni, cioè c’è un processo creativo lineare oppure ogni canzone è a sé?
Allora sicuramente quando ti metti a fare l’artista in modo serio, si crea una linea guida, un’idea definita. Ecco in questo progetto abbiamo un concept album chiaro tra nostalgia, come dicevo prima, e le sonorità. L’obiettivo è creare un processo, un percorso che mi rappresenti in pieno.
Io sono uno scrittore principalmente, ho sempre scritto, quindi solitamente arrivano sempre gli input dalle parole. Nel tempo ho studiato e sono ormai 7, 8 anni che mi produco autonomamente riuscendo a pensare il pezzo in maniera ambivalente, cioè metto la musica sulle parole e metto le parole sulla musica. Una cosa divertente che faccio è il fake napolitan, riprendendo un pò quel “fake english” che usiamo per la melodia. Poi il napoletano è così musicale, la melodia viene spesso da sola.
Come descriveresti la tua musica a qualcuno che vuole ascoltarla ma non l’ha mai ascoltata?
Allora direi è tutto un wewe, capito? La mimerei più che altro, ecco. In linea di massima è un progetto che racchiude rap, POP ed elettronica, cercando come filo guida un tipo di scrittura che non sia banale e che parli di me. Questo sicuramente ed è un tipo di musica che in realtà parla più a me che agli altri. Poi se gli altri si rispecchiano è bellissimo, mi fa piacere.
Scrivo musica per terapia personale, anche se ci tengo a dire che vado in terapia ormai da anni. La musica è comunque il mio metro di paragone per tracciare un sentiero nel tempo. Quindi quando dico ascoltatevi la mia musica, vi dico andatevi a fare un viaggio in quella che è stata la mia vita, perché sono tutti dei percorsi. È un viaggio in un percorso: che può essere sonoro, può essere linguistico, può essere autoriale quel che vuoi, ma direi di rappresentarlo così.
Tre canzoni che non possono mai mancare nella tua playlist
Allora tre canzoni che non possono mai mancare. Bella domanda. A questa però allora fammici pensare un attimo… Allora ti direi “E fuori è buio” o “Alla mia età” di Tiziano Ferro, poi “What time is it” di High School Musical, una canzone che mi gasa ancora tutt’ora un casino e infine “Love Theory” di Kirk Franklin che è un brano, insomma Gospel Soul. Che pure quello mi dà molta carica e quello lo ascolto quasi tutti i giorni come mantra per iniziare la giornata.