Il CalmoCobra Tour arriva a Roma. Tananai, dopo più di anno, riabbraccia finalmente il pubblico romano e si concede ad uno spettacolo ad alta intensità. Una scaletta serrata in un ritmo incredibile, una serata in cui è difficile prendere fiato: tra un pianto, un ballo, una risata e un canto libero, quasi liberatorio, all’uscita eravamo tutti nel vortice della caotica energia di Alberto. Ma prima di arrivare alla fine, buttiamoci a capofitto in questo viaggio incredibile cominciando, ovviamente, dall’inizio.
Una Roma che prometteva pioggia, nuvoloni neri che facevano capolinea sulle nostre teste, un traffico infernale e una ricerca folle del parcheggio del Palazzo dello Sport: è così che comincia il nostro viaggio e quello di tantissimi altri fan che – fin dalle prime ore della giornata – hanno preso d’assalto l’esterno della venue per accaparrarsi una transenna.
Ore e ore di file, gossippini, caffè bevuti in compagia e “canzoni stonate” cantate mentre il sole cominciava a scendere e il freddo iniziava a salire gelando le mani, i nasi, ma non quella gioia che si respirava in quelle transenne. Un colpo di tosse, i cancelli si aprono e dopo i controlli di sicurezza siamo tutti catapultati in una corsa infinita verso il palco.
Si parte subito con “Fango“, un brano che sa di preghiera, una chiacchiera diretta che Alberto fa con il suo pubblico, una canzone nata per caso osservando una scena che ha il profumo di quotidianità, ma siamo solo all’inizio e i bpm sono ancora al di sotto di quello che poi ci regalerà.
Si prosegue con “Booster” e non possiamo far altro che cominciare a saltare al primo “un, duex, trois cosa cazzo ne sa di noi” insieme ad un Tananai carico a molla. Un giro di palco ed eccolo lì, pronto a lanciarsi su tutti noi sulle note di “Quelli come noi“ cantando faccia a faccia con il suo pubblico, stretto in un abbraccio che – a detta sua – gli è mancato enormente in questo lungo anno.
La scaletta continua, incessante, con i bpm del cuore che aumentavano e diminuivano sulle note di “Vaniglia“, “Punk Love Storia“, “Giugno“, “Calcutta” che ha dedicato a tutte le persone insicure che, nella musica, trovano la forza di essere loro stessi – un pò come lui- fino ad arrivare al duetto con Ariete su “Campo Minato”. Un mix perfetto di brani che raccontano il suo percorso, la sua incredibile crescita artistica da “Baby Goodamn” a “Tango“, un viaggio incredibile per cui ringrazia i suoi fan. Ed è proprio in questi ringraziamenti che Alberto ci regala forse uno dei momenti più belli del concerto. Il ritmo rallenta e mentre le note di “Rave Eclissi” lentamente scivolano via, Tananai ci regala una modifica del testo:
Salto i pasti perché vi, vi mangio con gli occhi
Vi odio come si odiano ladri e terroristi
Cerco di capire chi, chi riesce a capirvi
Vi amo come si amano i rave e le eclissi
Ecco, in quel momento, mentre le lacrime solcavano il viso di tanti presenti mi sono guardata attorno, grata di essere nel mio posto preferito del mondo: sotto il palco. Consapevole di star vivendo per la sesta volta un concerto incredibile, con le amiche di sempre al mio fianco, ma circondata anche da un amore incredibile, quello che solo la musica riesce a generare.
E mentre mi crogiolavo in questo pensiero, la musica continuava ad andare e tra un ballo, un grido e un abbraccio spontaneo, il concerto era praticamente giunto al termine, ma non prima di cantarci un ultimo pezzo. “Abissale” è, da anni ormai, il mio tallone d’Achille, quella canzone che mi spacca in due il cuore e che mi porta ad abbandonare il telefono nella tasca consapevole di non essere in grado di sopportare quel dolore. Non scenderò nei dettagli di quello che significa per me questa canzone, ma vi assicuro che – ogni volta – è un colpo al cuore, preciso.
Un ultimo saluto, poi le luci si accendono e tutto finisce. Si lo so, sembra triste, ma la verità è che no. Eravamo tutti estremamenti pieni di gioia, di entusiasmo, di felicità.
Mi sono ritrovata improvvisamente spettatrice di me stessa, avvolta in questa magia e ho riavvolto il nastro, rivedendo scene che ho intravisto: tra fidanzati che con gli occhi lucidi si cantavano versi delle canzoni, tra quelle amiche che si sostenevano a vicenda per farsi forza mentre le note passavano lo spirito sulle feriti fresche, tra quei genitori stanchi guardavano i figli ballare e saltare. Ecco mi sono sentita fortunata ad essere spettatrice di tutto questo e quindi va bene così.
Però una cosa Albe.. quando lo rifacciamo questo CalmoCobra tour?