Dile, dopo quasi un anno, torna a Roma con un tour che sa di maturità. Un live che sbarca a Largo Venue e conquista un pubblico che non vedeva l’ora di riabbracciare un amico, perchè si, questo è Dile per i suoi “fan”. Un rapporto così intimo da abbattere quel muro invisibile tra “noi” e “loro” in cui la musica è rinchiusa. Ecco in questo caso quel muro non c’è mai stato, ma procediamo con ordine temporale, per evitare di dimenticare qualcosa.
C’è una cosa che mi ha sempre affascinata dei concerti, quell’unione tra le persone. In fila, mentre aspettavamo che i cancelli si aprissero è stato facile scambiare due parole con le persone che aspettavano di entrare e godersi lo spettacolo. Un’atmosfera magica, una di quelle che arriva essenzialmente quando le anime sono simile, e ai concerti di Dile si crea – ogni volta – questa forma di amore incredibile che riesce a colorare tutto di un giallo vibrante.
Entrati nella venue, una birra per accompagnare le emozioni e si parte subito con Ragazzino, l’opening guest a cui Largo ha affidato l’inizio dello show. Un giovane con la faccia pulita che, consapevole di dover intrattenere un pubblico non suo arriva con l’umiltà, la gentilizza, ma anche una valigia piena di talento e voglia di farsi conoscere.
Una mezz’ora di musica e tutti eravamo conquistati, ma il tempo corre veloce e c’è spazio solo per un ultimo giro di accordi, qualche saluto e poi il vuoto. Largo Venue si spegne e si riaccende per far salire la band composta da Iacopo Volpini alla batteria, Andrea Zanobi al basso e Federico Proietti alla chitarra: tutto si tinge di viola, parte la musica e Dile è sul palco.
Dile balla con le mie emozioni, in un valzer che parte dallo stomaco e arriva al cuore, evocando scene di vita vissuta, flash di vecchie relazioni, amicizie sbagliate, quotidiani errori che mi porto dietro e mi hanno resa quella che sono oggi: tra pregi e difetti. Un incredibile gioco tra la musica e i miei ricordi, tra le “cicatrici che bruciano solo se cambia il vento” e quei “ti amo detti male che si perdono nel tempo”.
Andare ad un concerto di Dile è come sfogliare un album pieno di ricordi, foto impolverate che ci raccontano una storia guidati dalla voce e dalle note di una musica che mi è così familiare, ma che – ogni volta – mi provoca lo stesso quel brivido sulla pelle che solo le cose belle riescono a regalare.
Un’esperienza che auguro a tutti, almeno una volta nella vita, sicuramente per la musica, ma per respirare quella magia. Ecco si io la chiamo magia quando a ritmo di musica le persone si uniscono, si abbracciano, si sostengono, si innamorano e sotto quel palco ne ho viste tante di queste scene: gruppi di amiche che a turno si asciugavano le lacrime a vicenda, fidanzati che stretti in un abbraccio infinito cantavano come se il tempo si fosse fermato, ragazze sole che hanno trovato nuove amiche.
E’ questo il potere della musica, uno scambio continuo tra anime fragili che si lasciano coccolare da qualcosa che va oltre il muro, quel muro che Dile abbatte sicuramente con le parole, ma che continua andando contro le regole, scendendo ripetutamente tra il pubblico, prendendosi quell’abbraccio sudato che sa di casa, di certezze e di fiducia. La stessa fiducia che ripone in tutti noi facendoci ascoltare in anteprima un brano che, a detta sua “forse” vedrà luce nei prossimi mesi. Un brano diverso, ma ehi… nessuno spoiler!
E tra inediti, pianti, fazzolettini, abbracci, sorrisi e cuori dal palco il concerto è finito in un attimo, dopotutto il tempo è un grande ingannatore e tutto corre quando siamo felici. Queste ore insieme però, almeno alla sottoscritta, lasciano diverse certezze: la prima, che quel consiglio di ascoltare “Quando vedo Te” è stata la scelta giusta; la seconda, che la musica live non è morta e che anzi, regala emozioni talmente forti da volerne sempre di più; e la terza è che Dile, ancora una volta, supera se stesso con un concerto che dà spazio alla musica, all’amicizia portando sul palco la sua storica band e Federica Carta, ma anche a temantiche importanti.
Dile, infatti, con “Carnevale” abbraccia un progetto importante, quello di Animenta. Una non-profit che si occupa di disturbi alimentari nella loro complessità, con l’obiettivo di raccontare e sensibilizzare. E sul palco, sabato sera, c’era proprio Aurora Caporossi, fondatrice di Animenta e una delle 100 donne under30 di Forbes. Un messaggio forte quello di Dile, che racchiude in una canzone che abbraccia e sa di cura, ma che parla direttamente alla bambina che non si accettava, alla giovane donna che si sente sbagliata e alla ragazza che fugge dallo specchio.
Sfogliando quell’album fotografico torna in mente tutto il bello, ma anche tutto il buio di quei giorni no. Ed è quindi facile ritrovarsi a piangere ascoltando quelle parole che sembrano parlare direttamente al tuo cuore, ma c’è una cosa che ad ogni “Fine Serata” di Dile penso. Sarà anche un “Mondocane”, ma fin quando in cuffia ci sarà lui, basterà premere “Rewind”, riscrivere la “Sceneggiatura” e sperare che “Vatuttobene”.