Ormai lo sapete, sono di parte. Diego Naska ha rubato il mio cuore una sera di fine estate del 2023 con una canzone intitolata “Settembre” che è stata la colonna sonora del mio classico dump mensile. Colpo di fulmine? Probabile. La verità però è che – fin dal primo ascolto – in quelle note e in quei testi ho percepito una necessità: raccontarsi. Una sensazione difficile da ritrovare nell’universo musicale odierno, in cui gli artisti sono costretti a produrre hit senza davvero concentrarsi sul messaggio che vogliono trasmettere.
Beh Naska non rientra in questo caso, nonostante la quantità di pezzi che negli ultimi 3 anni ha messo sul mercato, lui riesce ad essere vero scrivendo in primis per sè stesso. Lui ad appena 27 anni ha deciso di rallentare. Di cambiare ritmo. Di scendere dai grandi palchi su cui fare casino e chiudersi nei teatri per fare musica “alla vecchia maniera”. Ha deciso di riprovare, nuovamente, a parlare a cuore aperto con il suo pubblico portando un concerto “unplugged” con ballad pop punk e quel pizzico di malinconia che abbraccia tutti noi quando il sole diventa più fiacco. E che dire? Ci è riuscito alla grande!
Naska coinvolge, spiazza tutti con una nuova verve. Lo ritroviamo più serio, elegante, profondo. Crea uno show coinvolgente, un rollercoaster emotivo che non lascia scampo. Non dimenticandosi – ogni tanto – di essere ancora quel ragazzino punkettaro spensierato che ci fa vivere nel suo POV personale raccontandoci della “famosa” Mamma di Lele. Canzone dopo canzone ci ritroviamo nel centro del tornado. Un vortice in cui poterti sentire fragile, spogliandoti finalmente da quella maschera di perfezione in cui tutti siamo costretti a vivere.
Due ore di show in cui si snocciola la verità attraverso le note. Un incredibile duetto formato da musicisti di altissimo livello e da un frontman che funziona in ogni situazione. Diego ci mostra tutte le volte in cui fingiamo di non essere “così piccoli“, ma anche quelle in cui pensiamo di essere “Cattiva” perchè ascoltiamo il racconto cucitoci addosso da altri che ci dipingono come una “Polly” senza comprendere quanto in realtà siamo tutti “California“. Se poi il concerto lo vedi in compagnia di quelle persone che, quella storia raccontata male, te la mostrano com’è nella realtà forse è anche meglio. E prende quindi senso quel trend che in questi giorni funziona su tiktok: “Volevo solo un abbraccio, ma sono stata al concerto di Naska“. Perchè si, per me è la stessa cosa.
E alla fine, è proprio questo il bello di Naska: la sua capacità di metterti a nudo senza che nemmeno te ne accorga. Ti trascina nel suo mondo fatto di amori distruttivi, dipendenze, sogni rincorsi fino ad acchiapparli con entrambe le mani e quella dolce malinconia a cui ha affidato la costruzione dell’intero show. Non è solo musica, è una confessione collettiva, un abbraccio sonoro che ti fa sentire meno solo. E mentre le ultime note si dissolvono nell’aria, resta solo una certezza: Diego Naska non è solo un artista, è un narratore sincero di emozioni. E noi, ancora una volta, siamo felici di perderci nelle sue parole e non vediamo l’ora di ritrovarci tutti lì sotto un palco. In giro per l’Italia, pronti a farci travolgere dalla marea.