L’amore vintage arriva a Sanremo con “Incoscienti Giovani” di Achille Lauro. Se dovessimo fare una panoramica del percorso dell’artista negli ultimi mesi, ripercorrendo i passi dell’artista, vedremmo chiaramente le sue mosse e la sua strategia letteralmente imprenditoriale. In primis, la partecipazione a X Factor come giudice è stata fondamentale per riavvicinarlo al pubblico, dopo anni in cui non era stato al centro dei riflettori.
Da X Factor Lauro non esce come vincitore, ma conquista il suo “Senato” ed entra nel cuore di tutti con la sua sincerità, la sua ironia e la sua sfacciata arroganza. In contemporanea alla messa in onda del programma, esce “Amore Disperato”, una delle hit strappacuore di questo inverno. Un brano gemello di “Incoscienti Giovani”, quello che Lauro porta al Festival di Sanremo. Entrambi raccontano storie di amori giovanili in un’atmosfera vintage che calza a pennello all’artista, perché rappresenta il suo vissuto e risulta di una sincerità tale da conquistare immediatamente il pubblico. È come se Lauro, con “Amore Disperato”, avesse voluto prepararci alla sincerissima versione di sé che avrebbe portato sul palco dell’Ariston con “Incoscienti Giovani”.
Focalizzandosi sul brano del Festival, emerge una scrittura impeccabile: si sente la mano dell’autore Paolo Antonacci, soprattutto nella melodia del ritornello (che, va detto, ricorda un po’ quello di “Tango” di Tananai, anch’essa co-scritta con Antonacci). Il brano è molto orecchiabile e la sua struttura, pensata per il passaggio in radio (com’è ovvio che sia), non basta a scalfire la sincerità di “Incoscienti Giovani”. È un brano che rappresenta il concetto di “amarcord” molto più dell’omonima canzone di Sarah e ci catapulta in un mare di ricordi che sanno di sorriso amaro e “c’era una volta”.
Non possiamo non menzionare il bellissimo video girato nella Fontana di Trevi, un omaggio a Roma e alla scena della Dolce Vita di Fellini: il girato in bianco e nero contribuisce a creare l’atmosfera che Achille voleva per la sua canzone. Tornando a Sanremo, il settimo posto gli sta davvero stretto: le sue esibizioni conquistano il pubblico, stavolta senza l’ausilio di abiti sfarzosi e appariscenti, ma con un Lauro dotato di una semplice eleganza di altri tempi, tra gessati a righe e semplici magliette.
Lo stesso pubblico e gli stessi giornalisti che non lo avevano compreso — e che nelle precedenti edizioni del Festival erano arrivati perfino ad attaccarlo per i suoi abiti poco convenzionali e per i testi dei suoi brani (primo tra tutti “Rolls Royce”, accusato di richiamare l’uso di droghe) — stavolta fischiano al suo settimo posto, prendono le sue parti e si indignano. Segno che Lauro è finalmente riuscito a conquistare un pubblico intergenerazionale, rimanendo se stesso, anzi forse essendolo come non lo è mai stato.
Possiamo ufficialmente dirlo: Achille Lauro si è spogliato di nuovo a Sanremo, ma stavolta si è tolto le maschere.